1.5.11

Il confino fascista

Camilla Poesio: Il confino fascista. L’arma silenziosa del regime, Roma-Bari, Laterza, 2011, ISBN 9788842097259, 218 pp.

L'uso del confino segnò un passaggio importante nell'instaurazione della dittatura fascista e nella progressiva distruzione dello Stato di diritto: con il suo utilizzo vennero meno i diritti degli oppositori politici e fu degradata la loro dignità personale e quella dei loro familiari. Divenuto strumento centrale, sebbene non unico, della repressione politica, il confino risultò un provvedimento molto duro a causa delle difficili condizioni di vita cui furono sottoposti i confinati. Questi si trovavano quasi improvvisamente a essere soggetti senza garanzie poiché, secondo l'ottica fascista, si erano dimostrati cittadini non degni di quello Stato la cui sicurezza e il cui ordine erano stati da loro stessi messi in pericolo e minacciati. Per la sua procedura, più veloce e agile rispetto a quella di un processo penale ordinario, questa misura fu facilmente applicabile: per essere assegnati al confino era sufficiente un mero sospetto di pericolosità. Fondandosi sul giudizio e sull'arbitrarietà, pertanto, il confino poteva colpire tutti i potenziali oppositori, reali o presunti che fossero.

Pubblicazione tratta dalla tesi di dottorato La repressione politica nell'Italia fascista e nella Germania nazionalsocialista. Dallo scardinamento dello Stato di diritto alla nascita di sistemi concentrazionari, discussa all'Università Ca' Foscari Venezia, in cotutela con la Freie Universitaet Berlin, nel 2009.

Immaginazione senza potere

Antonio Benci: Immaginazione senza potere. Il lungo viaggio del Maggio francese in Italia, Prefazione di Marco Grispigni, Postfazione die Danielle Tartakowsky; Milano, Edizioni Punto Rosso, 2011, ISBN 978-88-8351-140-0, pp. 240

Il libro ripercorre il lungo viaggio del Maggio francese nel tempo e nello spazio, osservando come è stato recepito attraverso il quarantennio abbondante che lo separa dall’oggi e in un comprensorio geografico, politico e culturale altro come l’Italia. Ne esce un ritratto che tenta di districarsi all'interno di un momento storico in cui si accavallano le sterminate narrazioni soggettive dei partecipanti e degli osservatori, le immagini che hanno contribuito a delineare uno stile iconografico unico, le riscritture sempre solidamente appoggiate sul movimento studentesco, gli accenti spettacolari colti da una cronaca o da una diretta radiofonica. Tutto questo di riflesso in altri tempi e modi è stato tradotto, elaborato e immaginato in Italia. Lo spirito del Maggio francese ha coinvolto una generazione per cui inesorabilmente l'immaginazione è rimasta senza potere.

Pubblicazione tratta dalla tesi di laurea specialistica Il vento di Parigi. Percezione, trasposizione e memoria del maggio francese in Italia, discussa all'Università Ca' Foscari Venezia nel 2007.

Un cardellino in gabbia

Omar Favaro: Un cardellino in gabbia. Fabbrica e lavoro a Porto Marghera nei primi anni Cinquanta, prefazione di Rolf Petri, (Quaderni di storiAmestre, 8), Mestre 2008, ISBN 88-902213-7-2, pp. 100


Il breve periodo delle Conferenze di Produzione all’inizio degli anni Cinquanta dimostra la consapevolezza politica e sindacale dei lavoratori nei confronti dei metodi produttivi legati all’organizzazione dei tempi, all’incolumità e della salute. Questo libro non solo riporta uno spaccato di vita lavorativa e storia sindacale, ma racconta anche il tentativo di organizzazione, da parte degli operai delle più grandi aziende di Porto Marghera, di un  confronto e una trattativa (seppur debole) con i loro datori di lavoro, sui metodi organizzativi e sui rischi che correvano in fabbrica.


Pubblicazione tratta dalla tesi di laurea Le Conferenze di Produzione nei primi anni cinquanta a Porto Marghera: tra sindacalismo e "sapere di fabbrica", discussa all'Università Ca' Foscari Venezia nel 2007.

Perasto 1797

Massimo Tomasutti: Perasto 1797. Luogo di storia, luogo di memoria, presentazione di Rolf Petri, Padova, Il Poligrafo, 2007, ISBN 978-88-7115-554-8, pp. 145.


Al centro sta il mito storico costruito attorno alla deposizione solenne del vessillo di San Marco, avvenuta nella cittadina dalmata di Perasto il 23 agosto 1797. Con il suo carico simbolico l’evento ha costituito una “presenza” nelle diverse stagioni del discorso pubblico veneziano: un luogo mitologico che ha più volte innestato, nel tempo, significativi processi di riconoscimento e auto-riconoscimento collettivo. Perasto 1797, dunque, come sublimazione di un episodio, accaduto in determinato un luogo ed in una determinata congiuntura storica, in una verace idea-forza, in una continua costruzione ideologica e simbolica. Ma anche come un mito che, per quanto trascurato dalla storia, è sopravvissuto nel tempo alla sua contingente utilità simbolica. Perasto 1797, infatti, tuttora continua a produrre significato per alcuni soggetti che si affacciano sulla scena pubblica e che cercano, attraverso la creazione di un legame ideale con l’evento stesso, di costruire o affermare una loro identità ideologica. Il libro racconta come è stato costruito questo mito, segue la parabola storica nei suoi motivi e indaga le ragioni politiche che ne hanno dato origine.

Pubblicazione tratta dalla tesi di laurea specialistica Perasto 1797. Luogo di storia, luogo di memoria, discussa all'Università Ca' Foscari Venezia nel 2006.